TERRE RARE IN TURCHIA. IL MONOPOLIO CINESE STA PER FINIRE?
Analisi del dott. Francesco Zangara
Negli ultimi anni la necessità crescente da parte dell’industria 4.0 di terre rare ha portato questi elementi ad essere, oltre che molto costosi rispetto a meno di un decennio fa, estremamente importanti dal punto di vista geopolitico.
Difatti questi diciassette elementi sono diventati indispensabili per la transizione ecologica, per l’industria militare basti pensare ai droni o ai missili a guida laser, per l’industria aereo-spaziale si pensi che un F35 ha ben 415GK di terre rare e per tutte le tecnologie quotidiane che vanno dallo smartphone alle vetture elettrice.
Fino ad oggi l’unica vera miniera estrattiva capace di soddisfare la domanda di questi elementi era in Cina, la quale ha imposto un vero e proprio monopolio che controlla non solo i prezzi ma anche la distribuzione stessa delle terre rare, ma il dominio di Pechino potrebbe finire presto.
Nel luglio 2022 in Turchia, a Eskisehir nel distretto di Beylikova dell’Anatolia centrale, è stata scoperta la seconda più grande riserva al mondo di elementi di terre rare. Si stima che la riserva contenga 694 milioni di tonnellate di riserve ed è ora seconda solo alla Cina, che possiede il più grande giacimento di elementi rari, con 800 milioni di tonnellate di riserve.
Per quanto riguarda l’inizio delle operazioni, la società mineraria statale Eti Maden ha annunciato che nell’impianto pilota verranno processate 1.200 tonnellate di minerale all’anno nella prima fase. Questa cifra potrebbe raggiungere le 570.000 tonnellate, con un investimento significativo in un nuovo grande impianto industriale nel prossimo futuro, che potrebbe arrivare a costare fino a 2-3 miliardi di dollari. Nell’impianto pilota verrebbero lavorati diversi minerali di terre rare, tra cui otto tonnellate di ossido di lantanio, tredici di ossido di cerio, tre di ossido di neodimio, una di ossido di praseodimio e mezza tonnellata di concentrato misto di terre rare, oltre a 365 tonnellate di fluorite e 300 di barite, che non sono terre rare ma sono ugualmente minerali critici. Secondo Ilgin Kursun Unver, professore di ingegneria mineraria all’Università di Istanbul, benché senza dubbio la Turchia possieda già alcune capacità, la grande sfida è quella dell’arricchimento e della separazione degli elementi in forma di ossido e di minerale da utilizzare nei settori industriali.
E, a fronte della preoccupazione per le possibili ripercussioni ambientali date dalla tossicità della lavorazione delle terre rare, Keleser ha affermato che Eti Maden ha già ottenuto un rapporto di valutazione positivo dell’impatto ambientale per l’impianto pilota. Benché la scoperta dei nuovi giacimenti turchi abbia suscitato molto clamore, in realtà sono stati anche avanzati autorevoli dubbi sulla sua reale portata. L’importante geologa inglese Kathryn Goodenough, per esempio, ha dichiarato che si tratterebbe di un errore pensare che la cosiddetta scoperta si riferisca a una nuova grande riserva di cui non si conosceva l’esistenza. Ha inoltre aggiunto che, senza una stima formale delle risorse che soddisfi gli standard dell’industria mineraria mondiale, è impossibile conoscere la quantità completa degli elementi di terre rare recuperabili e di alta qualità presenti in Turchia, ed e questo ciò che conta realmente. In conclusione, si può osservare che nonostante tutto, sebbene sia difficile ottenere un’estrazione corretta e ci siano ingenti costi iniziali da sostenere per cercare di limitare l’impatto sulla natura, la volontà dei vari paesi di cercare di ottenere e rendere stabili le forniture affidabili di terre rare al di fuori della Cina rimane urgentemente sentita, e da questo punto di vista proprio la Turchia potrebbe svolgere un ruolo importante nel riequilibrare la catena di approvvigionamento globale di terre rare. Le materie prime critiche sono fattori chiave non solo per la transizione verde e digitale, ma sono anche di importanza cruciale per preservare la competitività globale dei settori economici più strategici dell’Unione europea. Sono infatti fondamentali per lo sviluppo dell’autonomia strategica dell’Europa e per la reindustrializzazione dei principali ecosistemi europei.
In particolare, le materie prime critiche, come le terre rare, sono cruciali per trasformare il sistema energetico dell’Unione europea verso una produzione energetica neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2 e per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030. Scendendo più nel dettaglio, si osserva che lo sviluppo dell’industria delle terre rare può promuovere la politica di diversificazione economica della Turchia e portare a una specializzazione del paese nell’estrazione e nell’approvvigionamento di questi metalli strategici, oltre che a provocare una ricaduta positiva in grado di favorire l’attrazione di nuovi investimenti e la creazione di posti di lavoro. Di conseguenza i paesi europei, che beneficiano della vicinanza geografica con la Turchia, possono ridurre la loro vulnerabilità economica nei confronti della Cina, diversificare le loro importazioni e proteggere la loro stabilità tecnologica e finanziaria nel medio e lungo termine. La Turchia diventerebbe così un partner di primo piano. In sintesi, la recente scoperta delle terre rare in Turchia può svolgere un ruolo importante per la Turchia stessa, ma anche per i paesi europei, riequilibrando l’asse geopolitico con vantaggi per entrambe le parti. L’economia e l’export turchi trarrebbero giovamento dalla diversificazione e dal nuovo mercato, mentre l’Unione europea sposterebbe il fulcro delle proprie importazioni, riducendo la dipendenza fagocitante dalla Cina. Non è tuttavia un processo semplice entrare efficacemente nell’industria 4.0, introducendo nelle proprie strutture produttive strumenti e tecnologie adatti sia all’operatività 4.0 sia alla produzione di semilavorati e prodotti finali appartenenti alla stessa filiera. È infatti necessario dotarsi di nuove competenze, snellire i processi, ridurre gli sprechi in senso materiale e temporale. In altri termini, l’ingresso globale in un settore globale come quello dell’industria 4.0, dal punto di vista sia della produzione sia dell’utilizzazione della tecnologia, come la Turchia dichiara di voler fare nei suoi ambiziosi proponimenti, sottintende una trasformazione anche dal punto di vista della visione della produttività stessa. Un settore dell’industria 4.0 in cui la Turchia, grazie alle sue disponibilità di terre rare, può avere un’ottima opportunità di intensificazione delle attività già avviate è quello delle auto elettriche. Si tratterebbe di un’attività altamente strategica, poiché l’elettrificazione dei veicoli, insieme ai sistemi per la guida autonoma e alla connettività delle auto, costituisce una tendenza di punta della trasformazione dell’industria automobilistica.
Su questo fronte la Turchia presenta una situazione ricca di prospettive future nel contesto dell’elettrificazione, in direzione dell’obiettivo delle emissioni zero. La scelta di Erdogan di svolgere una politica internazionale ed economica molto attiva influenza le sue relazioni con i paesi europei, e, per quanto riguarda l’Italia, va segnalato il ricco tessuto di collaborazione di cui si parlerà di qui a poco. L’Italia è il secondo paese europeo in termini di interscambi commerciali con la Turchia. Nel 2020, sulla base dei dati Turkestan, l’interscambio commerciale ha raggiunto 17,3 miliardi di dollari, con 9,2 miliardi di esportazioni italiane verso la Turchia e 8,1 miliardi di export turco verso l’Italia. Una simile riduzione è stata registrata da tutti i principali Paesi europei. Nonostante le difficoltà per le attività produttive ed il commercio internazionale dovute alla pandemia nel corso del 2020, si è registrato un saldo positivo per l’Italia di 1.114 milioni di dollari. L’attuale obiettivo della Turchia nei confronti dell’Italia è arrivare a scambi commerciali per il valore di 30 miliardi di nei prossimi anni. Attualmente, uno dei settori trainanti della Turchia nel quale possono continuare a trovare uno spazio crescente le imprese italiane è quello automobilistico, in cui come si vedrà di seguito l’Italia è già fortemente inserita.
L’Italia può usufruire di un rilevante vantaggio fiscale, secondo una politica messa in atto dalla Turchia per attrarre investimenti stranieri. Nel 2021 il paese ha raccolto investimenti per 14 miliardi di dollari, crescendo in questo dell’81% in più rispetto all’anno precedente: un risultato eccellente, che, va sottolineato, non è andato a scapito degli investitori locali, che hanno goduto di un trattamento equitativo. Il vantaggio fiscale per i nostri imprenditori è che, spiega Costa, “la tassazione e contribuzione di un’azienda in Turchia è nell’ordine del 41%, mentre in Italia superiamo il 50%.
I vantaggi che l’Italia può trarre da uno sviluppo in senso 4.0 del tessuto produttivo della Turchia non potranno che essere in continuità con il percorso di dialogo collaborativo che già da anni interessa i due paesi e che si concretizza in particolare nel corso dell’appuntamento annuale del Forum Italo-Turco. Si tratta di un’iniziativa che ha avuto avvio nel 2004, con l’obiettivo di favorire il dialogo tra le società civili ed economiche di Italia e Turchia, e che si svolge ad anni alterni a Roma e a Istanbul. Va anche osservato che l’Italia, che si trova in uno stato di assoluta carenza di materie prime critiche, oltre che trarre vantaggio dai nuovi assetti geoeconomici di cui si è finora detto dovrebbe anche riuscire a valorizzare le sue risorse interne, assenti in termini di giacimenti e depositi, ma dall’alto potenziale se si effettuasse una seria politica di riciclo dei RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche). In conclusione si può osservare che un miglioramento da parte europea e italiana nella gestione dei Raee, insieme ai vantaggi derivanti dal nuovo corso della Turchia rispetto alle terre rare, potrebbe inserire a pieno titolo il nostro paese in un circolo virtuoso che ci permetterebbe sia di risparmiare notevolmente, sia di contribuire in modo rilevante alla transizione energetica ed ecologia. È stata evidenziata la necessità che gli altri paesi riescano a sganciarsi dal monopolio cinese in questo settore, ed è emerso in particolare l’impegno dell’Unione europea nello sviluppo e nella ricerca di metodi estrattivi delle terre rare più rispettosi dell’ambiente, per esempio mediante il riciclo di rifiuti elettronici.
In questo scenario il ruolo della Turchia si configura come sempre più rilevante sullo scacchiere geopolitico mondiale, perché la sua ricchezza di terre rare, unita al fatto che la Turchia è un paese in ascesa economica e con forti ambizioni dal punto di vista della visibilità e del prestigio, potrebbe davvero diventare un fattore in grado di cambiare gli equilibri economici e politici.