domenica, Novembre 24, 2024
Politica

Russian Quicksand Tra Hybrid Warfare E Minacce Tattiche

Analisi del dott. Roberto Bevacqua direttore Krysopea Institute

Che un iniziale sbandamento dei membri Ue e un fiacco atteggiamento di Biden sia stato previsto da Putin e abbia accelerato la spinta di interventismo russo sull’Ucraina può essere un fatto più che una probabilità, ma che gli effetti di questa spinta fossero del tutto calcolati oggi appare azzardato confermarlo.

L’audacia del Cremlino non sembra aver considerato l’effetto aggregativo che i membri UE hanno avuto dopo l’iniziale ordine sparso con cui i leader europei hanno fronteggiato la crisi.

Forse Putin ha sottovalutato il peso simbolico della sua avanzata, la storia del suo passato, l’evoluzione democratica delle sue ex repubbliche, l’integrazione europea oramai matura, sia dal punto di vista economico- finanziario – commerciale sia democratico, a cui più nessuno sembra voler rinunciare.

La stessa Russia reale non sembra voler tornare in un’epoca fredda, in un intorno surriscaldato da tendenze imperialistiche, seppur motivate da alcune ragioni di real politik che non devono essere sottovalutate ne interpretate alla luce di una visione occidentale di omologazione socio-culturale.

La stessa Cina, che poteva ritagliarsi un ruolo mediatore e di successiva integrazione silente con la Russia, oggi sembra prendere tempo e seppure riaffermando il diritto di non ingerenza negli affari di un paese (non si capisce se riferito alla Russia o a se stessa) resta al palo. Forse troppo precipitosa l’avanzata russa, cosi la retorica cinese rischia di essere percepita come evanescente, ben consapevole che questa crisi avrà effetti negativi anche sugli interessi cinesi.

Questo potrebbe spingere Xi Jinping a politiche di doppio binario, da una parte sostenere finanziariamente, economicamente e soprattutto tecnologicamente la Russia in vista di futuri e più proficui accordi energetici di lungo periodo, dall’altro spera di svolgere un ruolo di pacificatore, anche per smarcarsi da Putin salvaguardando i rapporti con USA e UE e tutelare i suoi interessi commerciali e di land grabbing in Ucraina.

Unione europea sembra essersi compattata e aver recuperato quello slancio che in questi anni è mancato verso la tutela dei suoi interessi, sia in termini economici che energetici, infrastrutturali, materiali e immateriali, ma ora anche militari. Questo approccio unitario e fortemente integrante crea un precedente che verosimilmente farà guardare alla difesa degli interessi, soprattutto economici, dell’Unione nei riguardi anche della Cina, con un nuovo sistema operativo per limitare la dipendenza energetica e tecnologica, soprattutto in quei settori dell’information tecnology and comunication, sempre più sotto la lente di ingrandimento del perimetro di cybersecurity europeo.

Chissà se nei piani di Putin era contemplata la resistenza della repubblica Ucraina dopo che da mesi era stata oggetto di minacce del dominio cibernetico e in quello dell’informazione. Cosi il generale John Allen, già comandante della NATO in Afghanistan, da tempo ha posto in rilievo come gli attacchi di natura cyber alle infrastrutture Ucraine hanno elevato la portata della guerra ibrida sul suolo di Kiev.

 La capacità e le implicazioni di una guerra ibrida, già da metà gennaio, contro siti ministeriali e infrastrutture sensibili, erano evidenti condizioni preparatorie ai piani di un’escalation del Cremlino.

Attacchi su obiettivi sensibili tesi a destabilizzare e isolare i sistemi di comunicazione allo stesso modo di come i missili sulla torre della televisione di Kiev hanno avuto il fine di oscurare i segnali radio, le immagini e la comunicazione.

Ma in epoca di informatizzazione pervasiva non tutto si può oscurare e non tutto così irrimediabilmente, i servizi Internet dei satelliti Starlink di Elon Musk hanno riattivato i sistemi digitali di comunicazione del Paese potendo contare su un cluster di migliaia di satelliti in grado di garantire connessioni a Internet a livello globale, mentre è in corso l’allacciamento della rete elettrica dell’Ucraina alla rete europea.

Allo stesso tempo si procedeva dall’altra parte alla firma che apre al contratto di progettazione del gasdotto Soyuz Vostok che dovrà portare in futuro 50 miliardi di mc di gas all’anno dalla Russia alla Cina.

In realtà si tratta di progettualità già in stato di avanzamento e ampiamente definite che diventano  un corredo di guerra psicologica di stampo economico. Più si definiscono, in questa fase, accordi pro Cina da parte russa più l’effetto sarà quello di allontanare l’UE da Mosca, il che pone problemi di difficile allentamento delle sanzioni sul fronte dell’economia e della finanza.

Sul lato europeo le assicurazioni di nuove immissioni di gas dall’Algeria e da altri fornitori non possono che lasciar intravvedere come in futuro ci possa essere una ricomposizione delle linee di sbocco delle fonti fossili in Europa, ma anche come il processo di indipendenza e diversificazione dell’Unione dei 27 dal petrolio e dal gas sarà accelerato procedendo verso un Green deal che interesserà i prossimi anni.

Intanto si manifestano i primi effetti della stretta finanziaria e delle sanzioni economiche nel settore energetico, BP colosso britannico del petrolio e del gas, ha abbandonato la sua partecipazione nel gigante petrolifero russo Rosneft, l’Eni potrebbe dismettere la sua partecipazione nel gasdotto Blue Stream e Shell si ritira dal gigantesco progetto Sakhalin 2 LNG, abbandonando anche la sua partecipazione nel gasdotto Nord Stream 2 che collega la Russia alla Germania ma la cui imminente apertura, sospesa a dicembre, è stata bloccata definitivamente dal governo di Berlino dopo l’occupazione ucraina e dietro pressioni anche dell’amministrazione Biden.

L’annuncio dell’attivazione del sistema di deterrenza nucleare russo sembra un’altra manovra di guerra psicologia dagli effetti boomerang per Putin e la relativa tranquillità americana sembra confermarlo. Effetto boomerang i cui risultati sono l’aumento di invio di sostegni economici, di armi tattiche, equipaggiamenti e sistemi cyber alle truppe e alla popolazione ucraina.

Se le intimidazioni russe inizialmente hanno sortito effetti destabilizzanti, oggi queste minacce trasformatisi in occupazione armata e in minacce di deterrenza nucleare sembrano sortire effetti contrari allo scopo, accelerando la difesa dell’UE di un paese ritenuto amico e potenziale candidato all’ingresso dell’unione,in linea con l’articolo 49 del trattato sull’Unione europea e sulla base del merito, e una maggiore vicinanza di quei paesi che fino a oggi non ritenevano l’opzione una priorità.

 La dimensione psicologica di questo conflitto, dunque, si conferma attiva almeno quanto la sua dimensione fisica e le operazioni di psy ops stanno coinvolgendo in maniera sistemica tutto il panorama dell’informazione pubblico e privata. Le dichiarazioni di Ursula von del Leyen sull’annessione dell’ucraina all’EU, le affermazioni sul riarmo della Germania di Sholz, le parole di Macron sulla guerra economica totale si scontrano con le minacce di Putin sulla deterrenza nucleare   e con le dichiarazioni di Medvedev sulla guerra reale. Ognuno sposta le sue pedine dialettiche in una sorta di guerra della comunicazione all’interno di una più vasta hybrid warfare.

L’allerta della Turchia di Erdogan e il blocco totale dello stretto del Bosforo e dei Dardanelli, la visita di Boris Jonson in Polonia, le dichiarazioni del nostro primo ministro Draghi di una “ferma rapida e unitaria” risposta a Putin rafforzano questa linea psicologica e cementano le alleanze democratiche verso la difesa dell’Ucraina.

Scattano le considerazioni di una nuova e più veloce definizione degli step e dei finanziamenti del Compasso Strategico per la Difesa Europea che deve assicurare investimenti e programmazioni congiunte dell’EU per la ricerca e l’evoluzione della capacità strategica e militare dell’Unione ma anche per le sinergie tra ambiti privati e pubblici nei settori degli armamenti, tecnologie dual use, ricerca e sviluppo di tecnologia avanzata in ambito strategico e sistemi critici.

Il ritardo avvertito dall’UE sui sistemi SST di tracciamento, i sistemi a protezione del perimetro cyber nella quinta dimensione, sulle risorse spaziali e il contenimento dei rischi e delle minacce ibride di manipolazione dell’informazione e nell’ambito della guerra economica e informatica, sta portando a una maggiore considerazione sulla necessità di intervenire finanziando il proprio sistema organico di sicurezza militare.     

In questo settore l’Italia arriva in ritardo ma si è dotata di sistemi di prevenzione del rischio sugli attacchi cibernetici tipo phishing e malware, sulle minacce DDoS e APT che bloccano le infrastrutture informatiche anche attraverso il centro Leonardo per la Cyber Security di enti pubblici e privati che offrono utilities ai cittadini e alle aziende: pubblica amministrazione, difesa, infrastrutture critiche nazionali e industrie strategiche. Ai sistemi che tutelano la nostra sicurezza si appoggiano servizi di Security Operation Centre di formazione cyber e test della resilienza cibernetica di apparati fisici e virtuali e Cyber Range e Cyber Trainer che utilizzano expertise e tecniche di simulazione virtuale utili all’addestramento di analisti e specialisti del settore.

Ma con la costituzione dell’agenzia per la cyber sicurezza italiana si è completata la strategia di cyber-resilienza nazionale già definita con la disciplina sul Perimetro di Sicurezza Cibernetica Nazionale atto a garantire la sicurezza e la resilienza cibernetica necessarie allo sviluppo digitale del Paese. Attraverso le attività di Threat Intelligence – basate su tecnologie di Intelligenza Artificiale, analisi ed elaborazione di grandi Data Set e   Big Data, servizi, protezione e archiviazione Cloud, riservate al controllo, osservazione, riconoscimento e elaborazione di analisi delle minacce cyber per un supporto strategico alle azioni del decision maker, utili nel più breve tempo possibile a minimizzare gli impatti di eventuali attacchi. Inoltre difende le istituzioni e gli interessi nazionali da minacce di guerre asimmetriche all’interno dello Stato e all’esterno sulle sue infrastrutture critiche civili e militari.   

Le minacce di Putin nell’utilizzo di armi nucleari hanno riproposto scenari di un passato lontano e anche se eventualità di questo tipo sembrano alquanto improbabili per l’assenza di vantaggi strategici oggettivi rimane comunque l’effetto destabilizzante sulle masse, nel riverbero rumoroso dei social e sull’opinione pubblica internazionale. Certo accanto a un effetto sorpresa si determina anche un maggior isolamento internazionale e soprattutto un raffreddamento del sostegno cinese, sempre restia a occupazioni militari tanto che non ha riconosciuto l’annessione della Crimea alla Russia, qualora qualche testata fosse impiegata sull’Ucraina e rappresenterebbe anche un’ammissione della incapacità da parte russa di sottomettere la resistenza ucraina con le già preponderanti forze militari.

Quel che appare dall’esterno è la mancanza del sostegno all’azione claudicante di Putin da parte della popolazione russa e dell’élite imprenditoriale che lascerebbe presagire una certa erosione dell’immagine granitica del potere del presidente russo ed un’insofferenza di una parte importante dell’establishment moscovita. La recessione che sta avviluppando il Paese, con il crollo del potere di acquisto e una scarsa tutela sociale, mina le prospettive di crescita che fino a ora aveva sostenuto la ripresa russa pre pandemia, generando effetti depressivi sulle aspettative e un rischio povertà diffuso. Il pericolo di un default, trascinato dalla contrazione del settore delle esportazioni di materie prime e dal blocco del sistema finanziario, tocca le condizioni di vita sociale della popolazione russa alle prese con una svalutazione sostanziale del rublo, unitamente al problema dell’indebitamento privato a sostegno degli investimenti e dei consumi.   La contrazione degli stock valutari e la depressione reale degli asset disegna un quadro preoccupante della strutturazione economica e industriale del paese, con una debacle degli IDE, già ridottisi negli ultimi sette anni, tamponati solo in parte dagli investimenti cinesi.

Gli effetti di questa crisi destabilizzeranno l’economia russa e renderanno critici i terminali delle catene del valore di molte materie. Da mesi i Paesi dell’UE, consapevoli di una crisi che sarebbe arrivata, forse non così presto e non con questa escalation, si muovono per ridisegnare fabbisogni e approvvigionamenti non solo del settore energetico ma quelli riguardanti titanio, nichel acciaio, palladio, alluminio, rame, cereali, per scongiurare effetti troppo pesanti e duraturi sulle proprie economie. La congiuntura favorevole che ha stimolato la ripresa economica dopo questi anni di pandemia rischia un altro contraccolpo per la destrutturazione internazionale dei commerci e dei processi di trasformazione dei beni, ma questa crisi certamente accelererà processi di integrazione dell’Unione Europea, ma anche  di sviluppo e maggiore indipendenza di tutti i settori  del paradigma tecnologico, così come la pandemia da covid ha accelerato cooperazioni internazionali e i programmi di sviluppo scientifici e di sicurezza.  

È facile immaginare che a questo orientamento non si sottrarranno i programmi di investimento e ricerca e sviluppo di attrezzature, equipaggiamenti armi e attività militari europee in tutte le cinque dimensioni, recuperando i ritardi accumulati nei decenni passati.

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