War Game
di Antonio Chizzoniti
Il titolo della nostra odierna riflessione prende appositamente ispirazione dal titolo del famoso film degli anni 80’ diretto da John Badham.
La pellicola in questione trattava di un innalzamento delle tensioni tra le allora polarizzanti super potenze USA e URSS dovute ad un malfunzionamento nel sistema di allerta missilistico del NORAD che per poco non causò una guerra termonucleare totale.
Quelli a cui stiamo assistendo in questi giorni appaiono essere definibili proprio come “giochi di guerra”, è di solo due giorni fa l’allarmante notizia dell’”ok” del presidente Biden all’utilizzo da parte dell’esercito ucraino di missili a lunga gettata made in USA sul territorio della Federazione Russa.
La domanda che sorge spontanea è: perché ora? la risposta altrettanto spontanea, quanto spaventosa, sembrerebbe quella di un’amministrazione uscente disposta a mettere le sorti del mondo a rischio solo per rendere più difficile la risoluzione del conflitto da parte del presidente eletto Trump.
Ebbene tale scenario è quello che potrebbe concretizzarsi nei prossimi giorni grazie ad un amministrazione uscente che da una parte affermava di garantire una transizione collaborativa e pacifica e dall’altra preparava la sua ultima disperata mossa, ovvero dare l’ok per l’utilizzo di armi americane sul territorio russo.
L’Ucraina potrebbe rappresentare in questo momento il classico esempio di “leone ferito” che, vedendo le proprie chance di “vittoria” svanire a causa del probabile mancato appoggio della prossima amministrazione USA, tenterà di giocare l’ultima carta ovvero esacerbare il conflitto, portarlo ad un punto tale da non permettere a Trump e Putin di poter trattare per la pace senza uscirne apparentemente sconfitti e indeboliti.
L’inquietante prospettiva è proprio questa e fa “riflettere” che un Presidente che rimarrà in carica per altri 60 giorni, sostanzialmente sfiduciato dal voto popolare, si assuma una così grave responsabilità. Con ciò non si vuole affermare che la figura del Presidente si svuoti di potere durante la “coesistenza” con un presidente eletto, ancora non insediato, ma consuetudine vorrebbe che decisioni di tale portata spettino all’amministrazione entrante.
Paradosso abbastanza ilare sarebbe il doversi affidare al “buon senso” della controparte e alla sua capacità di resistere ed incassare qualche colpo per i prossimi due mesi in attesa del cambio di interlocutore; tuttavia, ciò dipenderà in gran parte dal tipo di colpi che saranno sferrati.
Il destino del mondo rimane dunque sospeso fino al prossimo 20 gennaio, data di insediamento del nuovo esecutivo, con l’auspicio che proprio come nella pellicola sopra richiamata alla fine a prevalere sia il buon senso degli uomini e non le fredde logiche di potere, con il monito che, in certe situazioni, “l’unico modo per vincere è non giocare”.