giovedì, Novembre 21, 2024
Politica

Crisi dell’autocrazia elettiva venezuelana e tensioni geopolitiche.

di Umberto Bonavita

 

Il 22 agosto la Corte Suprema del Venezuela (TSJ) ha convalidato i risultati delle elezioni presidenziali del 28 luglio, assegnando la vittoria al Presidente Nicolás Maduro. La Camera elettorale del TSJ si è occupata del caso dopo un ricorso presentato da Maduro stesso e ha ordinato una perizia sul processo elettorale.

Nella sentenza si precisa che la Camera “certifica in modo indiscutibile il materiale elettorale”, confermando la vittoria di Maduro. Il Partito Socialista Unito del Venezuela al potere afferma che i verbali presentati dall’opposizione sono falsi. IL TSJ, composto da membri vicini al PSUV, ha affermato di aver analizzato i verbali presentati dal CNE (Consiglio Nazionale Elettorale).

Il giudice Caryslia Rodríguez, che presiede la Camera Elettorale e la stessa Corte Suprema di Giustizia, ha anche affermato che la decisione sarà trasmessa alla Procura Generale della Repubblica affinché possa essere incorporata nell’indagine penale condotta sul processo elettorale. Dalla presunta commissione dei reati di usurpazione di funzioni, falsificazione di atto pubblico, istigazione alla violazione delle leggi, delitti informatici e associazione per delinquere.

Questa inchiesta si riferisce anche ai documenti con i risultati pubblicati dall’opposizione online, che secondo il governo sono falsi, nonché al massiccio “attacco informatico” che il CNE avrebbe subito la notte delle elezioni, giustificando la mancata pubblicazione del verbale.

La decisione di Maduro di presentare ricorso davanti alla Camera Elettorale del TSJ per effettuare una perizia e stabilire “la verità” sulle elezioni è stata insolita.

Stranamente, in questo caso, la parte dichiarata “vincitrice” chiede una revisione dei risultati elettorali. Questo appello potrebbe essere discusso poiché il CNE non aveva reso pubblici i risultati verificabili della votazione, in realtà non ci sarebbe la necessità di presentare ricorso, poiché l’elezione di Maduro si basava su un annuncio che non era stato realmente sostenuto né verificato.

Il Segretariato del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha messo in dubbio l’idoneità sia del TSJ che del CNE. La missione d’inchiesta in questo Paese mette in guardia sulla mancanza di indipendenza e imparzialità di entrambe le istituzioni, avendo svolto un ruolo nell’apparato repressivo dello Stato. Il Governo esercita un’ingiustificata interferenza nelle decisioni del TSJ attraverso messaggi diretti ai magistrati e dichiarazioni pubbliche del Presidente Nicolás Maduro e Diosdado Cabello, considerato il numero due del chavismo. Inoltre, nel 2022 l’Assemblea nazionale ha modificato la composizione del Comitato per le nomine giudiziarie, affinché fosse controllato dalla stessa Assemblea, con una maggioranza governativa, ed ha eletto gli attuali 20 giudici del TSJ.

Molti magistrati hanno dunque legami diretti con il chavismo. Tra questi, spicca la stessa presidente, Caryslia Rodríguez, che è stata eletta consigliera nel 2018 dal Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) al potere e, in seguito, è stata sindaco del comune Libertador di Caracas. Un altro esempio è il giudice Calixto Ortega, che fu deputato dell’Assemblea nazionale di quel partito e vicecancelliere durante il governo di Hugo Chávez.

Per quanto riguarda il CNE, tre dei suoi cinque direttori sono considerati rappresentanti del partito al governo. Il suo presidente, Elvis Amoroso, fu deputato del PSUV e, in seguito, come Controllore Generale della Repubblica, fu responsabile dell’interdizione amministrativa che impedì alla leader dell’opposizione, María Corina Machado, di candidarsi alla presidenza.

Dopo la divulgazione della decisione del TSJ del Venezuela, il Presidente del Cile, Gabriel Boric, ha reagito, accusando quel tribunale di “consolidare la frode”.

In questi giorni tumultuosi, l’ondata di detenzioni, sollecitata dallo stesso Maduro, non ha precedenti e mette il Venezuela sulla buona strada per superare facilmente il numero di persone arrestate durante le tre precedenti repressioni contro gli oppositori di Maduro.

Tra gli arrestati ci sono giornalisti, leader politici, membri dello staff della campagna elettorale e un avvocato che difende i manifestanti. Ad altri è stato annullato il passaporto venezuelano mentre cercavano di lasciare il paese. Un’attivista locale ha persino trasmesso in diretta streaming il suo arresto da parte di ufficiali dell’intelligence militare mentre facevano irruzione in casa sua con la forza.

 

Elezioni e risultati

Le elezioni del 28 luglio sono state monitorate da un gruppo di esperti “Panel of experts” delle Nazioni Unite. Il Panel è stato invitato dal Consiglio elettorale nazionale (CNE) del Venezuela a valutare la condotta complessiva delle elezioni nel quadro dell’Accordo di Barbados. Il rapporto tempestivo fa luce sul processo elettorale e sottolinea la mancanza di fondatezza per i risultati annunciati dalle autorità venezuelane.

Il rapporto stabilisce che il 28 luglio le elezioni si sono svolte in un ambiente in gran parte pacifico ed è stato organizzato logisticamente bene. Tuttavia, l’annuncio dell’esito delle elezioni senza la pubblicazione dei suoi dettagli o la divulgazione dei risultati è estremamente preoccupante. Secondo il rapporto, la trasmissione elettronica dei risultati del Paese si è interrotta bruscamente nelle ore successive alla chiusura dei seggi, un ritardo che il consiglio elettorale ha attribuito a un cyberattacco terroristico. Ma il comitato non è stato in grado di verificare in modo indipendente la presenza di attacchi esterni perché il consiglio elettorale ha posticipato e in seguito annullato tre audit post-elettorali, incluso quello sul sistema di comunicazione. Conclude che “il processo di gestione dei risultati del CNE non ha raggiunto le misure di base di trasparenza e integrità che sono essenziali per tenere elezioni credibili”.

Il Panel of Experts dell’ONU, inoltre, conferma, in linea con le revisioni e le valutazioni di diverse organizzazioni indipendenti, l’affidabilità delle copie dei verbali elettorali pubblicate dall’opposizione. Secondo queste copie pubblicate degli “actas”, Edmundo González Urrutia sembrerebbe essere il vincitore delle elezioni presidenziali con una maggioranza significativa.

Durante l’annuncio dei risultati da parte del presidente del Consiglio Elettorale Nazionale (CNE) del Venezuela, Elvis Amoroso, è stato reso noto che con l’80,0% dei verbali esaminati, i risultati sono stati: 5.150.092 voti per Nicolás Maduro, che rappresentava il 51,2% dei voti il totale; e 4.445.978 voti per Edmundo González Urrutia, il 44,2% del totale. Per quanto riguarda il resto dei candidati (otto in totale), però, inizialmente non è stato riportato il numero dei voti individuali, è stato solo menzionato che insieme ammontavano a 462.704 voti, che corrisponde al 4,6%. Ciò ha dato un totale di 10.058.774 voti validi entro le prime ore.

Dopo l’annuncio, il giornalista argentino Matías Mowzet ha osservato che, utilizzando cinque cifre decimali per esprimere i risultati, la cifra era esatta. Ad esempio, dividendo i 5.150.092 voti ottenuti da Nicolás Maduro tra i 10.058.774 voti validi, il risultato in percentuale è 51,20000%. Nel caso dei 4.445.978 voti ottenuti da Edmundo González, dividendoli per il totale e utilizzando cinque cifre decimali, il risultato percentuale è 44,20000%. Infine, dividendo i 462.704 voti degli altri candidati per il totale, il risultato è 4,60000%.[1]

Questa scoperta ha sollevato dubbi sulla legittimità dei risultati preliminari, a causa dell’improbabilità che tutti e tre i risultati terminassero con un decimale chiuso seguito da un massimo di quattro zeri.[2] Secondo El Espectador, il fatto che i conteggi corrispondano a percentuali con una sequenza di zeri con tale precisione è indice di frode. La probabilità di una coincidenza è di una su cento milioni.

Il 2 agosto 2024 Elvis Amoroso, attraverso una conferenza stampa, ha enunciato i nuovi risultati con il 96,87% dei verbali conteggiati, contando 12.335.884 voti validi e 50.785 voti nulli, per un totale di 12.386.669 voti emessi. Secondo le informazioni contenute nel secondo comunicato, i voti e le percentuali di ciascun candidato erano: Nicolás Maduro con 6.408.844 voti (51,95%), Edmundo González con 5.326.104 voti (43,18%), Luis Martínez con 152.360 voti (1,24%), Antonio Ecarri con 116.420 voti (0,94%), Benjamín Rausseo con 92.903 voti (0,75%), José Brito con 84.231 voti (0,68%), Javier Bertucci con 64.452 voti (0,52%), Claudio Fermín con 40.902 voti (0,33%), Enrique Márquez con 29.611 voti (0,24%) e Daniel Ceballos con 20.056 voti (0,16%).[3]

Detto questo, utenti sulla piattaforma X si sono accorti che il rapporto tra voti validi e nulli rispetto al totale dei voti espressi produceva percentuali con due decimali chiusi seguiti da tre zeri.[4] Ad esempio, il rapporto tra i 12.335.884 voti validi e i 12.386.669 voti totali è pari a 99,59000%, e nel caso dei 50.785 voti non validi la percentuale rispetto al totale dei voti è stata dello 0,41000%. Questi rapporti percentuali hanno sollevato il sospetto che i risultati siano stati manipolati artificialmente.

Nel frattempo, l’opposizione democratica ha pubblicato oltre l’80 percento dei fogli di conteggio ricevuti direttamente dai seggi elettorali in tutto il Venezuela. Questo piano ha coinvolto 600.000 persone in tutto il Paese, organizzate in più di 60.000 “comanditos”, la cui funzione era quella di salvaguardare i registri degli scrutini per poi essere verificati, digitalizzati e diffusi attraverso un sito web creato dall’opposizione per divulgare il proprio conteggio. Tali fogli di conteggio indicano che Edmundo González Urrutia ha ricevuto il maggior numero di voti in queste elezioni con un margine insormontabile. Secondo l’opposizione González avrebbe ottenuto 7 303 480 voti contro i 3 316 142 di Maduro. Osservatori indipendenti, sondaggi e conteggi rapidi hanno corroborato questo risultato.

González e la leader dell’opposizione Maria Corina Machado hanno scioccato i venezuelani quando hanno rivelato di aver ottenuto più dell’80% dei fogli di conteggio dei voti emessi da ogni macchina per il voto elettronico, dopo la chiusura dei seggi. C’erano grandi speranze sulle elezioni del 28 luglio, avrebbero potuto segnare una svolta verso la democrazia, dopo quasi 30 anni di governo socialista autoritario. L’ottimismo era alimentato dalle indicazioni che sarebbero state più libere rispetto alle precedenti elezioni. Nei mesi scorsi sono stati fatti dei passi incerti verso la normalizzazione delle relazioni del Venezuela con l’Occidente, inclusi colloqui con gli Stati Uniti e qualche deroga sulle sanzioni. 

Negli undici anni trascorsi dall’elezione del Presidente Nicolás Maduro dal 2013 al 2024, il Venezuela ha vissuto un periodo prolungato e sostenuto di deterioramento del suo potere, passando da un regime ibrido all’autocrazia.

Questa trasformazione è stata accompagnata da un’iperinflazione economica, scarsità di cibo e crisi sociale e umanitaria che ha scatenato un’emigrazione massiccia, più di un quinto della popolazione del Paese. Il regime di Maduro negli anni riuscì a bloccare un referendum sulla revoca presidenziale (2016); creò, organizzò, e istituì un’Assemblea Costituente pro-regime per sovvertire le autorità politiche (2017) e poi le elezioni presidenziali (2018) per rafforzare il suo potere. Tutto questo, soffocando gli sforzi legislativi dell’opposizione, facendo affidamento su un approccio favorevole al regime e usando come copertura il Tribunale Supremo formato da giudici filogovernativi e su cui fa affidamento l’establishment militare.

 

Crisi interna e tensioni geopolitiche

In quanto fonte di instabilità regionale e luogo di competizione geopolitica, le controverse elezioni in Venezuela potrebbero avere ampi effetti a catena.

Il Venezuela ha da tempo una rilevanza geopolitica singolare. Mentre le sue vaste riserve di petrolio, le più grandi al mondo, hanno tradizionalmente sostenuto la sua influenza geoeconomica, più di recente le sue dinamiche interne sono diventate una potente fonte di insicurezza regionale. La critica situazione politica ed economica del Venezuela allontana il Paese dalla comunità internazionale. L’esito delle elezioni presidenziali del 28 luglio evidenzia le sfide in gioco.

La crisi economica e politica del Venezuela sotto il regime sempre più autoritario di Nicolás Maduro, unita al suo crescente isolamento internazionale, accentuano l’insicurezza regionale. Una cattiva gestione economica e una corruzione diffusa, aggravate dalle sanzioni internazionali, hanno portato a una drastica contrazione di quasi il 70% del PIL del Venezuela tra il 2014 e il 2020, in un periodo di iperinflazione iniziato nel 2018. Questo crollo economico ha innescato il più grande esodo migratorio nelle Americhe fino ad oggi, con quasi 8 milioni di venezuelani in fuga, la maggior parte verso i paesi confinanti. Oltre al bilancio umanitario, la crisi migratoria ha posto notevoli tensioni politiche ed economiche sui paesi di destinazione, innescando tensioni bilaterali e regionali. Inoltre, la dipendenza del regime di Maduro dalle economie illecite e la sua protezione dei gruppi armati non statali colombiani hanno influenzato profondamente le dinamiche di conflitto armato e insicurezza regionali.  I crescenti legami economici, militari e di sicurezza del Venezuela con la Cina ma anche con Russia e Iran, hanno trasformato il Paese nel palcoscenico principale della competizione geopolitica nelle Americhe. Queste potenze utilizzano il Venezuela come base per sfidare e destabilizzare gli Stati Uniti, il loro principale avversario e l’egemone regionale, minando la sicurezza regionale nel processo. La sopravvivenza del regime di Maduro dipende dal sostegno di questi Paesi, poiché l’isolamento internazionale e le sanzioni limitano le opportunità di rilanciare l’economia nazionale. 

L’attuale crisi interna in Venezuela ha chiare ripercussioni regionali e globali. Gli Stati americani potrebbero vedere flussi migratori incontrollati, l’indebolimento dei negoziati di pace in Colombia e l’emancipazione di poteri geopolitici autoritari. Anche il potenziale impatto sulla sicurezza energetica globale, qualora le sanzioni fossero completamente ripristinate, è preoccupante. La presenza di Maduro eroderà ulteriormente l’ordine basato su regole già fragili, indebolendo i diritti umani e i principi democratici e incoraggiando i poteri revisionisti sulla scena globale.

Le reazioni internazionali alle elezioni contestate sottolineano la loro importanza geopolitica. Mentre Russia, Cina, insieme a: Abkhazia, Azerbaigian, Bielorussia, Bolivia, Cambogia, Qatar, Guinea-Bissau, Guinea Equatoriale, Iran, Laos, Madagascar, Mali, Nicaragua, Ossezia del Sud, Repubblica Democratica Araba dei Saharawi, Pakistan, Russia, Sao Tomé e Principe, Serbia, Siria, Turchia, Vietnam, Zimbabwe si sono congratulate con Maduro per la vittoria; le potenze occidentali, tra cui Stati Uniti, Unione Europea, Canada, ma anche Giappone, Marocco, ONU e Ucraina hanno contestato l’esito ufficiale e chiesto trasparenza. I Paesi latinoamericani, con le eccezioni degli alleati di Maduro: Cuba, Nicaragua, Honduras, Antigua e Barbuda, hanno espresso incredulità per la vittoria rivendicata dal regime. Argentina, Brasile, Cile, Costa Rica, Ecuador, Repubblica Dominicana, Panama, Perù, Suriname, Trinidad e Tobago, Paraguay, Messico, Giamaica, Haiti, Guatemala, Guyana, El Salvador, Saint Kitts e Nevis, Colombia, Grenada, Belize, Barbados, Dominica, Uruguay hanno mostrato un’interessante dimostrazione di unità tra governi ideologicamente diversi condannando inequivocabilmente la frode elettorale. Anche la richiesta avanzata da Brasile, Colombia e Messico affinché Maduro pubblicasse i conteggi dei voti come condizione per riconoscere la sua vittoria è stata degna di nota. Un’iniziativa diplomatica congiunta tra Brasile e Messico, i pesi massimi regionali solitamente distanti, è un evento raro. L’emergere di questa posizione comune, rara in una regione che spesso fatica a parlare con voce unificata, è un risultato positivo della crisi. Nel frattempo, Maduro ha respinto le accuse di Stati Uniti e Brasile, affermando che questi hanno avuto elezioni contestate in cui il Venezuela si è astenuto dal coinvolgersi.

Mentre continua la feroce repressione del dissenso da parte di Maduro, con un sostegno militare apparentemente forte, la possibilità di una transizione democratica appare sempre più lontana. A livello nazionale, le minacce e le ritorsioni da parte del Governo potrebbero placare i disordini sociali nel tempo. In campo internazionale, la maggior parte delle strategie sperimentate dopo le contestate elezioni del 2018, il riconoscimento del candidato dell’opposizione come Presidente legittimo e l’imposizione di sanzioni al Venezuela, hanno ampiamente fallito. Gli sponsor esterni del Venezuela, in particolare la Cina, sono sempre più frustrati dalle scarse prestazioni economiche del Paese e dai rimborsi irregolari del debito. Data la mancanza di diversificazione economica del Venezuela, la scarsa produttività e il cronico sotto investimento, persino nel cruciale settore petrolifero, sarà difficile soddisfare i partners economici. Inoltre, la guerra in Ucraina e lo scontro aperto con Israele stanno distogliendo l’attenzione di Russia e Iran dall’America Latina, indebolendo potenzialmente il loro sostegno a Maduro.

Anche la perdita del sostegno economico, commerciale e diplomatico di partners regionali chiave come Colombia e Brasile potrebbe essere dannosa, soprattutto perché Maduro cerca di unirsi al Mercosur per rivitalizzare l’economia. Inoltre, le politiche statunitensi nei confronti di Cuba potrebbero essere una leva per il cambiamento. L’Avana svolge un ruolo cruciale nel sostenere l’apparato di intelligence e di sicurezza di Maduro; una certa normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cuba potrebbe indebolire la presa di potere di Maduro, indebolendo questa rete di supporto vitale. Mentre la situazione immediata in Venezuela rimane disastrosa, le mutevoli dinamiche geopolitiche e le pressioni regionali potrebbero ancora aprire strade al cambiamento. Due possibili soluzioni sono possibili: negoziati o crollo del regime.

 

[1] https://www.infobae.com/venezuela/2024/07/30/el-burdo-calculo-matematico-en-la-informacion-oficial-que-aumenta-las-sospechas-sobre-la-manipulacion-de-la-eleccion-en-venezuela/?outputType=amp-type

[2]https://www.elespectador.com/mundo/elecciones-venezuela-2024/por-que-ver-estos-decimales-nos-ayudaria-a-hablar-de-un-fraude-en-venezuela/?outputType=amp

[3] https://elpais.com/america/2024-08-02/resultados-de-las-elecciones-en-venezuela-2024-en-vivo.html

[4] https://x.com/MatiMow/status/1818286333351088185

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