giovedì, Gennaio 23, 2025
Politica

Ecco il Trump Deal: analisi del discorso d’insediamento del 47° Presidente degli Stati Uniti d’America

analisi di Antonio Chizzoniti

 

Partendo da un’analisi visiva il giuramento presidenziale tenutosi il 20 gennaio appena trascorso a Washington D.C. ci consegna plurimi spunti di riflessione.

Per la prima volta dopo 40 anni la cerimonia si è tenuta al chiuso nel cuore del Campidoglio, proprio sotto l’apoteosi di George Washington” (affresco dell’artista romano Constantino Brumidi che adorna la cupola dell’ottocentesca Rotonda del Congresso Americano), tale scelta ufficialmente è stata giustificata dall’ondata di freddo che ha colpito la capitale Statunitense in questi giorni (la temperatura effettiva era di meno 5 gradi centigradi la percepita di circa meno10), ufficiosamente si mormora che abbiano contribuito anche preoccupazioni circa la sicurezza dell’evento.

Qualunque sia la motivazione questa prima circostanza sembra quasi un segno del destino, proprio quelle stanze che 4 anni orsono erano state prese, molto facilmente, d’assalto da frange estremiste legate al movimento di Trump onde contestare la validità dell’elezione di Biden a 46° Presidente, circostanza che quasi costo un impeachment al tycoon, accolgono oggi il giuramento proprio del presidente Trump, quasi a voler ripristinare la sacralità violata del tempio della democrazia a stelle e strisce.

Per quanto riguarda le presenze istituzionali spiccano tutti i presidenti da Clinton a Obama (unica assenza quella dell’ex first lady Michelle), i rappresentati del cerimoniale e i giudici della corte suprema. Presenti anche il Presidente del Consiglio Italiano Giorgia Meloni (unico capo di Governo europeo invitato ad assistere al giuramento), il presidente Argentino Milei oltre a Han Zheng, vicepresidente della Repubblica Popolare Cinese.

Dall’altra parte troviamo i CEO delle grandi big tech Mark Zuckerberg, Jeff Bezos e l’immancabile Elon Musk tutti riallineati a destra e trepidanti di salire sul carro del vincitore (escluso Musk) mostrando al mondo come anni di censure, lotte politiche e di genere non fossero né iniziativa delle singole piattaforme né movimenti dal basso ma bensì l’indirizzo di un establishment democratico arrivato al capolino.

Tante volte si è discusso circa la reale capacità dei singoli CEO di influire sulla politica reale negli Stati Uniti paventando quasi un loro primato sulla politica, fortunatamente in America questo non è reale. Senza coperture politiche e senza l’appoggio del comandante in capo basterebbe un ordine esecutivo a ridimensionare qualsiasi mira distopica, d’altronde la ricchezza è virtuale gli scarponi e le prigioni no.

Passando ad analizzare il tono letterale del discorso potremmo definirlo imperniato ad un severo ottimismo. Fin dalle prime parole, il presidente, ha posto l’accento sull’inizio di una “Nuova Età dell’Oro” per gli Stati Uniti. Questo messaggio ottimista si è intrecciato con un tono combattivo, in cui Trump ha criticato l’amministrazione uscente e l’intero establishment democratico, accusandoli di aver indebolito l’economia e la sicurezza nazionale. Il filo conduttore è quello di riportare “l’America al primo posto” (“America First”), ribadendo il nazionalismo che ha caratterizzato anche la sua precedente presidenza.

Significativa anche la stoccata rivolta all’amministrazione Biden colpevole di aver “stanziato fondi illimitati per la difesa dei confini stranieri, ma di essersi rifiutata di difendere i confini americani o, cosa più importante, il proprio popolo.”

Inevitabile il riferimento ai guai giudiziari e all’attentato di cui è stato vittima in Pennsylvania, questi eventi vengono interpretati da Trump come significativi del suo personale destino manifesto ovvero “make america great again”.

Come accennato il discorso ha posto un forte accento sulla sicurezza dei confini, Trump ha anticipato che di lì a poco (come ha fatto) avrebbe proclamato l’emergenza al confine meridionale, annunciando il dispiegamento di truppe e promettendo di intensificare i rimpatri.

La sua amministrazione sosterrà la politica del “Remain in Mexico”, un approccio restrittivo che richiede ai richiedenti asilo di rimanere fuori dagli Stati Uniti durante l’elaborazione delle loro richieste. Inoltre, ha affermato il Tycoon, i cartelli della droga messicani verranno inclusi nella lista delle organizzazioni terroristiche straniere ed invocando una legge del 1798 si è detto pronto a schierare tutte le forze federali per debellare l’ondata di violenza che questi hanno scatenato negli Stati Uniti.

Un altro tema centrale del discorso è stato il rilancio economico, Trump ha promesso di rafforzare la produzione interna, enfatizzando l’importanza dell’indipendenza energetica attraverso un aumento della produzione petrolifera “drill baby drill”, in quest’ottica il presidente ha inoltre anticipato una marcia indietro totale sul c.d. Green Deal affermando: “revocheremo il mandato per i veicoli elettrici, salvando la nostra industria automobilistica e mantenendo la mia sacra promessa ai nostri grandi lavoratori americani dell’auto. In altre parole, potrete acquistare l’auto che preferite.”

Nel contesto delle politiche ambientali, Trump ha dichiarato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima, criticando le normative ambientali viste come un ostacolo alla crescita industriale e alle infrastrutture del Paese.

Anche i tanto vociferati dazi vengono confermati e organizzati mediante l’istituzione dell’External Revenue Service agenzia federale che si occuperà della loro raccolta.

Viene annunciata inoltre l’istituzione del “Dipartimento per l’efficienza del governo” ente che avrà la finalità di “ripristinare la fiducia e l’efficacia del governo federale”.

Il Neopresidente tocca anche il tema del fact checking e della censura in generale promettendo di riportare la libertà di espressione in America evitando che in futuro “l’immenso potere dello Stato sarà usato come arma per perseguitare gli oppositori politici.”.

Altro argomento toccato è quello dell’identità di genere, caro ai democratici e molto divisivo nell’opinione pubblica americana, Trump afferma che verranno riconosciuti, come in passato, esclusivamente due generi Maschile e Femminile.

Nel discorso vengono citate e omaggiate anche le forze armate affermando che verranno reintegrati in servizio i militari che sono stati ingiustamente espulsi per essersi opposti all’inoculazione del vaccino COVID.

Per quanto riguarda la politica estera Trump ha riaffermato l’importanza del protezionismo e dell’autonomia degli Stati Uniti, evidenziando inoltre la necessità di rinegoziare alcuni accordi internazionali, annunciando l’intenzione di riprendere il controllo del Canale di Panama, infrastruttura strategica ceduta a Panama ma de facto fortemente influenzata dalla Cina.

Il presidente ha affermato inoltre che il golfo del Messico cambierà nome in golfo d’America.

L’espansione della sfera d’influenza statunitense non si fermerà al globo, aggiunge Trump, ma punterà alle stelle con l’obiettivo di “piantare le stelle e le strisce sul pianeta Marte”.

In conclusione, quanto affermato da Trump sembra voler essere un volano capace di innescare la nuova “golden age” ispirando fiducia ai mercati e paura ai nemici. D’altronde tra propaganda e programmi probabilmente si nasconde quella teoria del “pazzo” che più di tutto consegna a Trump la capacità di ottenere di più e più velocemente a livello internazionale.

Bisogna ammettere che in un’ era assuefatta al pessimismo un discorso come quello di Trump, per quanto spigoloso, riconsegna all’occidente americocentrico le chiavi del proprio destino e lo fa con un ritrovato quanto pragmatico ottimismo che sé cavalcato potrà dare nuova linfa e opportunità anche al vecchio continente, Italia su tutti.

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