La pedagogia del non luogo.
Analisi del dott. Gaetano Marino
La pedagogia del non luogo.
Il telos della pedagogia è quello di tirare fuori da ognuno di noi le proprie particolarità, facendo si di poter coltivare i propri interessi e di essere sé stessi. La pedagogia deve diventare una pedagogia della emancipazione e della liberazione di tutti i soggetti. Questa liberazione è diventata per lo più individuale e incentrata unicamente al raggiungimento del proprio benessere e sembra tradire gli ideali di liberazione ed emancipazione che devono arrivare a tutti tramite una formazione adeguata, capace di dar forma in prima battuta, poi insegnando a formarsi da soli per vivere tutti gli aspetti della vita nella società.
Ma la nostra società, diventa sempre di più quella del non luogo, come teorizzato da Marc Augé nel suo libro “Nonluoghi”.
Con una introduzione a un’antropologia della surmodernità”[1], le cose potrebbero diventare diverse. Jung sosteneva che la persona per stare bene e per essere “normale” doveva imparare come stare al mondo, forse ciò era possibile in passato per via di alcuni orizzonti ben definiti in cui realizzarsi, ma ora in un tempo sempre più fluido che porta un senso di spaesamento sempre più forte. L’angoscia descritta da Heidegger come la presenza del nulla che non ci permette di prendere contromisure per difenderci, questa angoscia che ci pervade di fronte l’assenza di obiettivi futuri e di quel ottimismo che è sempre stato intrinseco nell’animo dell’uomo, ma che oggi via via va scemando.
I non luoghi si limitavano un tempo agli aeroporti o ai centri commerciali ma dall’uscita del libro di Augé molte cose sono cambiate e con l’avvento dei telefoni e dei social sembra che il non luogo stia allargando il proprio raggio d’azione a discapito dei luoghi di socializzazione e comunicazione.
La comunicazione è da sempre il principio dell’agire umano, si mette in comunione, si condivide qualcosa e si dà senso alla relazione umana. Christopher Lasch nel suo libro “La rivolta delle élite. Il tradimento della democrazia”[2] spiega come anche le élite siano parte di questo problema allontanandosi dalle masse che li supportano elettoralmente, questa differenza tra la vita delle élite e quelle del popolo diventa problematica quando le élite impongono alle comunità uno stile di vita avverso al loro. La comunità, l’autogoverno potrebbero dare alle persone la possibilità di riallacciarsi alla propria identità. Con l’avanzare della fluidità della società, delle relazioni umane e dell’angoscia l’essere umano si trova incapace di capire dove si trova e dove vuole andare.
L’infodemia ha peggiorato ancora di più la situazione saturando la mente già in difficoltà delle persone. La scuola non reagisce, anzi attraverso l’abbassamento degli standard la cosa va sempre peggiorando.
Attraverso il facilismo amorale c’è stato un ulteriore scollamento dalla realtà.
Di fronte all’angoscia, l’indeterminato, la dissoluzione dei rapporti essere se stessi diventa sempre più difficile per via dell’impossibilità di stare insieme agli altri, visto che i processi di socializzazione sono importantissimi sin dalla nascita. Abitando sempre nella fluidità, nella solitudine, si decide di intraprendere la strada dell’omologazione per non rischiare di essere emarginati ancora di più dalla società. Anche attraverso la polarizzazione del discorso, che sia politico, religioso o sociale, si è creata una spaccatura sempre più grande.
Quando venne teorizzato il non luogo si parlava di aeroporti e dei centri commerciali, in cui le persone stavano insieme ma senza incontrarsi, passando gli uni accanto agli altri ma senza nessuno scambio comunicativo, come se fossero soli in quel luogo.
Ora questo accade un pò dappertutto, la perdita di significato della vita dove l’apparire supera il resto la concentrazione e le forze della propria psiche si riversano tutte su se stesse, portando l’ipertrofia dell’io a diventare normale e con essa tutte le nevrosi che accompagnano gli insuccessi causati proprio da questo ripiegamento su se stessi. Sembra che anche la mente stia diventando un non luogo dove c’è solo il soggetto e i suoi interessi senza dare troppa importanza ai legami emotivi duraturi, si va verso un individualismo esasperato. Come possono intervenire la pedagogia e le altre scienze umane?
Ovviamente esse hanno il privilegio di abbracciare i bambini dalla più tenera età quindi attraverso un processo di scolarizzazione che parte non dagli alunni ma dagli insegnanti, perché lì deve avvenire il primo processo di cambiamento e di miglioramento si può cercare di invertire la tendenza. Puntare sull’educazione emotiva, sulla riscoperta dei legami, non solo di quelli virtuali, per riportare gli uomini e le donne nel loro habitat naturale, ovvero quello della comunità in cui si sono mossi i primi passi per la creazione delle società sviluppate.
Slegarsi da tutti i legami mostra come ci sia una continua paura verso l’altro e di come ormai le nostre menti siano ammantate da un continuo stato di paranoia che qualcuno possa farci del male, sia l’amico d’infanzia che lo sconosciuto per strada. Senza la fiducia è impossibile creare un legame comunicativo e significativo con l’altro che ci aiuta a crescere e a conoscere se stessi. Le amicizie basate sul bene (come le chiamava Aristotele) sono sempre più rare ma sono quelle che conducono alla felicità, oggi come allora c’è una forte preponderanza delle amicizie basate sull’utile. La necessità di parlare di più anche di educazione civica perché ci aiuta a capire come vivere nella società senza fare del male agli altri, l’educazione emotiva per capire come rispondere alle frustrazioni e posticipare le gratificazioni senza attuare comportamenti distruttivi che ci allontanano sempre di più dalla socialità, che ci rinchiude in un non luogo che può essere la nostra mente. Ma anche lo studio della psicologia, dei meccanismi di difesa può darci una mano a capire perché ci comportiamo in un determinato modo.
La necessità di uscire dai non luoghi è sempre più importante perché portano alla solitudine, con l’avvento dell’intelligenza artificiale che porterà con sé in dote la capacità di rispondere in tempo reale ai nostri bisogni e ci donerà molto tempo libero, bisognerà capire se sfruttare questo tempo libero per costruire legami o per diventare degli hikikomori.
[1] M. Augé, Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano, 2009.
[2] C. Lash, La rivolta delle élite. Il tradimento della democrazia, Neri Pozza, Venezia, 2017.