USI E ABUSI DELLE TECNOLOGIE
di Ada Giorno
La riflessione filosofica accende i riflettori sulla tecnologia partendo dal presupposto che la
consapevolezza di noi stessi è l’unica arma che ci salva dal condizionamento esterno dei media.
Si punta dunque il dito su una tecnologia sovrana che non è immediatamente un’innovazione,
perché di fatto non è in grado di innescare di per sé quella rivoluzione culturale che spetta
unicamente alla filosofia.
La tecnologia è sempre una questione concettuale e i concetti esprimono questioni di potere,
leggi e intenzioni che necessitano di discorsi adeguati che le preparino il terreno
Kant in uno stupendo apologo sosteneva che la colomba volava alta nell’aria del cielo ma
quando volle volare più in alto per essere più libera volò nel vuoto, e cadde.
Cadde, perché come cantava Giorgio Gaber la libertà non è uno spazio libero, libertà è
partecipazione. In fondo è padrone solo chi possiede il proprio intelletto, il proprio
atteggiamento critico. Tant’è che solo la consapevolezza di quello che ci accade intorno ci
manterrà liberi nonostante il determinismo.
L’arduo compito della filosofia è quello di indirizzare le trame verso il sentiero delle azioni, di
educare alla trasformazione digitale di modo che da chiunque possa giungere un’indagine
consapevole intorno ai quesiti più urgenti. In tal modo serve avere chiari, come sostiene
Pasquale Stanzione, i nostri diritti sui dati e sulla mente e soprattutto fare in modo che il web
rappresenti la democratizzazione della ricerca del dover essere tecnologico includendo le
prospettive provenienti da tutto il mondo senza occidentalizzare le soluzioni.
E allora diviene necessario, innanzitutto, vigilare affinchè i discorsi atti a giustificare il
progresso non rappresentino svantaggio per un qualche d’uno.
In siffatto contesto appartiene al suo tempo colui che non si adegua alle pretese del mondo
tecnologico ma che rimane ancorato a un perché, che interroga tutti indifferentemente e che
reclama risposte diverse e congetture da vagliare sempre e comunque.
Solo in questi termini l’inattuale diviene capace più di altri di afferrare il suo tempo.
Il filosofo deve, dunque, mediare tra il punto di vista emico ed etico promuovendo la
responsabilità delle azioni di tutti gli esseri umani. Tra l’altro si è visto che il laissez faire
applicato alla tecnologia ha condotto a un uso inconsapevole e distruttivo delle techne.
Prometeo rubò l’arte tecnica agli Dei perché l’uomo la usasse prevedendo i suoi effetti nocivi, e
costringendo alla riflessione prima che sia troppo tardi. Zizek continua dicendo che i computer
sono stupidi , tant’è che la loro inconsistenza interna ne decreterà il fallimento.
Quest’ultimo sostiene quindi che i computer sono troppo perfetti per conoscere l’imperfezione
dell’amore che salverà l’umanità. E in questa visione la cacciata dal giardino dell’Eden deve
rispondere alla divisione con l’atteggiamento critico di chi continua a indagare pur nella
consapevolezza di non arrivare mai a un dunque ma presuppone la ricerca come condizione
necessaria di vigilanza delle intenzioni umane non destinate a cedere ma prespisposte verso il
fare incessante e necessario.
Ciò ci autorizza a sostenere che l’ interpretazione dell’informazione è irriducibilmente umana e
non estensibile ad alcun automatismo meccanico o sistema di intelligenza artificiale.
In tale visione l’interpretazione non è mai informazione che deriva dall’ associarsi di elementi
e strati di una macchina, ma coincide con la consapevolezza, della possibilità d’ognuno
d’interpretare non passivamente l’informazione. Si manifesta con la costruzione di una mente,
che, attraverso relazioni di accoglimento è in grado di accedere al proprio vissuto emozionale.
Nel mondo digitale della filosofia prevale una civiltà in cui l’universalità non assegna un posto
privilegiato a nessun gruppo in particolare, ma in cui tutti siano uniti agli altri dalla solidarietà
e dalla dignità.
L’accountability diventa come sostiene Chomsky una contiguità che ci fa andare oltre l’interesse
personale e ci fa accollare i rischi dell’altro anche quando non c’è alcuna ragione pragmatica.
Ci fa capire dove siamo e chi siamo perché ci colloca accanto agli altri e chiede anche agli altri
di ridisporre se stessi. In fondo quando regna la disuguaglianza la responsabilità grava solo su
una parte, mentre quando vi è uguaglianza la responsabilità è condivisa.
La rivoluzione digitale ci deve proiettare verso un futuro migliore di cui parlava Gioacchino da
Fiore, quello della pienezza dell’Età dello Spirito Santo che si realizza con l’incontro tra razze e
popoli diversi che insieme costruiscono la pace nel mondo