Pragmatismo Occidentale: tra Globalizzazione e Resilienza energetica
di Roberto Bevacqua
La mondializzazione che ha prodotto un aumento vertiginoso delle esportazioni a partire già dagli anni novanta, attraverso la delocalizzazione produttiva delle multinazionali nei paesi che avevano un più basso costo della manodopera e minori regole giuridiche, sia per ciò che riguardava la tutela dell’ambiente che le tutele sindacali, gli orari di lavoro e i diritti in generale, oggi sconta effetti distorsivi che appaiono evidenti a tutti gli analisti. Tutto questo ha portato negli anni a un modello di penetrazione industriale e commerciale che ha favorito gli scambi di beni e servizi, maggiori flussi di capitali e una maggiore circolazione di persone, una elevata integrazione verticale del ciclo produttivo ed aziendale.
Le maggiori agevolazioni fiscali e le più edulcorate semplificazioni localizzative hanno attratto le imprese occidentali in quei paesi che hanno favorito il pattern globalizzato che ha generato in alcuni di loro una crescita dell’occupazione, massicci investimenti in ricerca e sviluppo e una crescita della dotazione tecnologica. Ciò ha prodotto espansione economica e innovazione: è il caso della Cina che ha saputo coniugare una prima fase di attrattività di base unitamente a una seconda di capitalizzazione del trasferimento di conoscenze scientifiche e organizzative, attraverso il suo regime ibrido tra economia di mercato ed economia pianificata, potendo contare su un’organizzazione statuale ancora lontana da processi di democratizzazione e liberalizzazione.
Per altri Paesi la mondializzazione si è trasformata in perdita di autonomia locale, riduzione di sovranità, sfruttamento economico e processi di land grabbing, depauperamento di risorse di base, perdita di identità e un’omologazione culturale che caratterizza sostanzialmente tutto il processo di mondializzazione. Una sorta di rigurgito colonialista che la filosofia Neo-atlantista italiana degli anni cinquanta e sessanta aveva cercato di mitigare contribuendo allo sforzo di emancipazione terzomondista che lo stesso Mattei aveva capeggiato, finendo per scontrarsi con gli interessi di paesi amici e nemici.
Cosa aspettarsi allora da questo frenata dei processi di integrazione globalista divenuti così attuali analizzando gli aspetti e gli effetti delle sanzioni alla Russia in attesa di un riposizionamento delle superpotenze nella geopolitica dei prossimi anni.
Certamente gruppi fortemente integrati di nazioni che, culturalmente omogenei, condividono uno stesso sistema di valori, competeranno tra loro per l’egemonia economica, politica, culturale, tecnologica e militare, attraverso un nuovo modo di concepire gli equilibri geopolitici e geostrategici. Un rigurgito neo nazionalista che riordinerà le strategie dei rapporti economici multipolari dei blocchi attraverso riposizionamenti all’interno degli squilibri generati in una escalation d’ispirazione maccartista.
L’incremento della produzione di beni dual use, le maggiori spese militari che si tradurranno in un’esplosione delle innovazioni scientifiche per il futuro, ma anche nuove armi che ufficialmente saranno catalogate per l’opinione pubblica come deterrenti per ulteriori conflitti. Competizioni multipolari, che verranno combattute con un’ibridazione spinta tra finanza, economia, cibernetica e I.A, saranno nei prossimi anni il fil rouge non solo per i blocchi geopolitici tradizionali ma anche per le nuove potenze che si stanno affermando sul pianeta, India, Pakistan, Sud Africa, Turchia e Brasile nei vari quadranti regionalizzati.
La maggiore tutela dei perimetri di sicurezza, che l’UE cerca di recuperare dopo anni di letargo, corre parallelamente ai maggiori investimenti sui sistemi di controllo cibernetico e ai maggiori investimenti sui sistemi di ICT ma anche ad una più articolata riflessione sulla sua sicurezza alimentare, ambientale, infrastrutturale e soprattutto politica e sociale.
L’aumentata sensibilità verso la tutela dell’interesse nazionale esige ed esigerà maggiori investimenti nei sistemi di intelligence per fronteggiare gli accresciuti rischi che i processi di digitalizzazione genereranno sul sistema Paese.
Le interdipendenze energetiche, farmaceutiche, tecnologiche, cibernetiche e bio genetiche saranno le frontiere su cui si confronteranno i sistemi nazionali e i blocchi geopolitici.
Nuovi nazionalismi e vecchi imperialismi continueranno a fronteggiarsi, chi per limitare lo spazio di accerchiamento, chi per mantenere la supremazia culturale e militare, chi per la supremazia economica, ma uniti tutti nel desiderio epistemologico di conquista e di potere.
All’integrazione sistemica di questi ultimi trent’anni che ha generato effetti positivi e distorsioni macroscopiche si rischia di sostituire un nuovo concetto richiamato da un vecchio adagio, quel dividi et impera che lascia presagire tempi difficili soprattutto per un’Europa che deve trovare solo in se stessa l’idea di sviluppo e di integrazione politica, recuperando un ruolo centrale ed autonomo sugli scenari geopolitici e geostrategici internazionali.