giovedì, Novembre 21, 2024
Economia

Crescita Strutturale tra Ritardi e Slanci Condizionati nel Sud del Mezzogiorno

di Roberto Bevacqua

Il Mezzogiorno, è terra che ha
visto attraversare il suo territorio da innumerevoli popoli interessati a
dominare il Mediterraneo per ragioni politiche, economiche e strategiche,
seguendo il destino della penisola, quindi non sbagliamo nell’affermare che la
sua posizione e le sue caratteristiche di affaccio geostrategico,
particolarmente appetibili, hanno da sempre determinano una condizione di
favore di prima importanza      

La mancata valorizzazione di questo
territorio peninsulare, trova ragione in una concatenazione di fattori che
hanno sia una matrice culturale e socio-ambientale, ma anche storica, politica,
organizzativa e tecnologica, unitamente alla presenza di elementi di scarsa
sicurezza del territorio appannaggio di sistemi criminali,  clientelari 
e parassitari che hanno minato una governance efficace delle sue risorse,
costituendo un rilevante costo opportunità, una marginalità strutturale e una
porosità alle infiltrazioni criminali, oggi globalizzate, che ne ha ritardato
lo sviluppo.

Le recenti crisi finanziarie e
geopolitiche, l’avanzata prepotente di nuovi attori sul palcoscenico mondiale e
la crisi pandemica che ancora non accenna a risolversi in gran parte del mondo,
ha spinto e spingerà sempre più gli Stati ad assumere un ruolo decisivo
nell’indirizzare l’economia, recuperando un ruolo decisivo nei settori
strategici, ruolo che sembrava definitivamente perduto dopo le politiche
liberiste e le dismissioni degli anni passati.

La visione strategica che è
sfuggita a gran parte delle regioni del Mezzogiorno ancor più è mancata in
Calabria che, protesa nel bacino commerciale del Mediterraneo, si è ritratta da
ruoli e funzioni strategici per la sua stessa vitalità, per la sua
competitività e quella del suo sistema economico, per la visibilità del suo
brand al fine di valorizzare il turismo, l’ambiente, l’agroalimentare e i beni
culturali.

Ma questa visione geostrategica è
mancata anche al nostro Paese, per molto tempo, proprio ora che il Mediterraneo
sta tornando centrale negli interessi, non solo degli Stati che si affacciano
sulle sue sponde ma anche per gli interessi di Cina, Stati Uniti, Russia,
Turchia e finanche della Germania che proprio mediterranea non è.

Certo il rischio che il
Mezzogiorno, e ancor più le regioni più fragili all’interno di questa
macroarea, resti tagliato fuori da questo riposizionamento strategico, non solo
nazionale, è alto,

A ben vedere, molte Regioni, dopo
il primo impatto della crisi pandemica, sono tornate a programmare lo sviluppo
attraverso la modulazione delle loro necessità infrastrutturali ed
economico-sociali in aderenza ai piani e alle missioni dei fondi del PNRR.

Per
la Calabria, dove appare sempre difficile elencare tutti i nodi e i legacci che
ne frenano la ripartenza, in previsione di un aumento sostanziale di risorse
dovute al Piano di Resilienza, ma in assenza di progetti innovativi e di medio
lungo periodo, di idee radicali e al passo con nuovi paradigmi economici,
diventa fondamentale abbandonare vecchi schemi di progettualità improduttive,
utili solo alla spesa, ma privi di risultati e di crescita strutturale.
D’altronde abbiamo visto negli anni come, a fronte di massicce risorse dei
fondi strutturali e risorse del fondo di coesione, non vi siano stati né
progetti strutturali decisivi per la ripartenza del sistema economico, né una
valorizzazione organica del sistema scolastico e del capitale sociale…dopotutto
è triste rilevare che solo una minima parte di queste risorse sono state spese
negli anni e spesso con ritorni qualitativi insufficienti.

Oggi ci ritroviamo con un aumento
considerevole di
liquidità, sarà quindi necessario organizzare le risorse
umane, politiche, imprenditoriali e sociali finalizzando idee e progetti,
coordinandoli con i processi amministrativi e i tempi burocratici, vero nodo gordiano
da sbrogliare in un tempo ben delimitato per avere una gestione efficiente di
questo surplus di fondi a scadenza.

Spesso ci si è chiesti quali
sinergie tra il settore pubblico e quello privato bisognerebbe attivare, quali
orientamenti modulare per innescare circoli virtuosi in un territorio che
cresce a macchia di leopardo e che spesso sembra non reagire a inefficienze e
malcostume.

Ma è difficile modificare vizi ben
radicati, complicato recuperare ritardi e generare sviluppo quando il mondo
corre a queste velocità, mentre la fotografia dello status quo pone
interrogativi cronici in attesa di essere diradati.

La Calabria sembra ancora
arrancare, quasi inconsapevole del proprio ruolo, incapace di trainarsi fuori
dal guado, nonostante risorse e opportunità notevoli.

Oggi occorrono programmi precisi
con risultati prospettici verificabili e sinergie realizzabili tra settori
tradizionali e settori innovativi, ma soprattutto, preliminarmente, necessitano
strutture, risorse umane e organizzative in seno agli enti pianificatori e
decisori che a oggi appaiono insufficienti a questo ambizioso piano di
infrastrutturazione. Ancor più occorrono sinergie tra il mondo accademico e
della ricerca, il mondo imprenditoriale, quello finanziario e tra questi e la
politica, affinché dimostri finalmente capacità gestionali e voglia di
confronto nell’interesse dei territori.

Ma per mettere a sistema tutte
queste variabili, il che sembra difficile, bisogna rielaborare il passato in
chiave prospettica, e agire nell’immediato attraverso una serie di azioni che
eliminino o riducano negatività e distorsioni, nodi e vincoli allo sviluppo
socio culturale ed economico dei territori e ristabiliscano priorità e
virtuosismi che sembrano ancorati sullo sfondo di un’apatica resistenza al nuovo.

Oggi l’Italia non più permettersi
di avere aree marginali, zavorre e colli di bottiglia che bloccano la
competitività, la logistica e le infrastrutture strategiche, minando la
produttività del sistema Paese, sempre più inglobato in un sistema di co-petizione
internazionale che mette a rischio gli interessi nazionali.

Chi paga, chi ci guadagna, chi
risponde di inefficienze e improduttività, di sprechi e di inadeguatezze, sono
domande divenute oramai retorica quotidiana a cui lo Stato negli anni non ha saputo
dare risposta e di cui sono piene le cronache di giornali e le inchieste della
magistratura, che continua a fronteggiare fenomeni di malaffare in una sorta di
guerra infinita.

Le amministrazioni regionali,
dovranno interagire con le economie interne, sostenendole con la fornitura di
servizi innovativi, favorendo gli investimenti e la localizzazione di centri di
ricerca e sviluppo sul proprio territorio, dialogando con gli atenei, spingendo
l’internazionalizzazione delle imprese e la digitalizzazione dei territori,
elaborando strategie di sostegno al sapere che richiede competenze e formazioni
sempre più tecnologiche, costruendo ponti relazionali e commerciali anche
attraverso il loro soft power.

Bisogna elevare la formazione degli
studenti, e la formazione degli insegnanti, la loro professionalizzazione non
può non diventare una mission a cui dedicare risorse e progettualità, cercando
un raccordo tra mondo del lavoro, politica e ricerca di base supportata dalla
integrazione con investimenti che concentrino skills all’interno di
infrastrutturazioni materiali ad hoc.

I territori che riusciranno a
cavalcare il cambiamento del paradigma tecnologico e si struttureranno in
funzione di questo riusciranno a posizionarsi nel futuro tra le leadership
regionali dello sviluppo, mettendo al sicuro il lavoro e la crescita sociale,
l’attrattività dei territori e l’ottimizzazione dei loro asset, l’istruzione e
la stabilità demografica.

Infrastrutture e centri di ricerca,
mobilità e trasporti, ma anche formazione e istruzione sono punti nevralgici
del ritardo del meridione e calabrese in particolare, ed ‘è proprio da questi
punti critici che bisogna partire facendoli diventare assi prioritari del
mutamento.

Aeroporti, porti, intermodalità e
mobilità intelligente dovranno essere connessi col resto del territorio e tra i
territori e le macroaree all’interno di una funzionalità estesa col sistema
Paese.

È
una necessità strategica, così come avvenuto nei paesi asiatici: Taiwan,
Singapore, Hong Kong, Vietnam e Corea e prima in Giappone, negli Stati Uniti e
nei paesi europei più industrializzati e ora soprattutto in Cina, nella cintura
high tech di Shangai, dove vengono indirizzati grandi investimenti per la
realizzazione di Parchi tecnologici, vere centrali di incontro tra il sapere e
il saper fare.  

Ciò
richiederà un grande progetto sistemico per tutte le regioni del Mezzogiorno
che dovranno essere organiche al Sistema Paese.

La
rigenerazione del sistema produttivo regionale va supportata dal recupero di
infrastrutturazione di base e da un complesso sistema di trasporto integrato
capace, da una parte, di offrire servizi ad elevato standard, ma anche di realizzare
condizioni di concentrazione high tech all’interno e all’intorno di bacini di
localizzazione distrettuali, organici a settori strategici avanzati: meccanica
di precisione, componentistica software, hardware, sistemi di automazione,
robotica, semiconduttori, energie rinnovabili, biotecnologie, industria
farmaceutica,  sistemi digitali. Settori strategici e performanti se
dislocati nei pressi e a supporto delle aree Zes e Ali (Zone Economiche
Speciali e Aree Logistiche Integrate) per valorizzare e costituire veri e
propri asset organici ai territori.

Scommettere sul Mezzogiorno,
sfruttando moltiplicatori differenziali di crescita, puntando su poli
tecnologici delle scienze integrati a piattaforme logistiche intermodali e
automatizzate è di fondamentale importanza per il Sistema Paese e l’Europa
continentale.

Questa regione manca di
normalizzazione almeno quanto necessita di sciogliersi dal vincolo del bisogno,
di abituarsi al concetto di meritocrazia, al rapporto virtuoso dei diritti
legati ai doveri, di eliminare atteggiamenti e pratiche ispirate a una sorta di
evoluzione tecnica del familismo amorale, di troncare la prassi del favore che
sottopone al ricatto e molto altro.

Se ci si emanciperà da questo
allora inizieremo a incamminarci verso una normalizzazione sistemica,
ritrovando quella fiducia nei rapporti tra istituzioni e cittadini, base
imprescindibile per lo sviluppo e la crescita dei territori.

Occorre programmare una buona
sanità che ottimizzi risorse economiche, strutturali e umane, con controlli
sulle responsabilità e confronti di benchmark nazionali, una scuola
meritocratica e che si interroghi prima su se stessa, che valuti i meriti dei
docenti e non solo degli allievi, uno svecchiamento delle classi dirigenti e
dell’amministrazione pubblica che punti su digitalizzazione e professionalità
dinamiche

Le tante criticità, però, non
devono spaventare ma diventare motivo di analisi e di interventi, come nel
dissesto idrogeologico, aggravato ogni anno da abusi edilizi e incendi dolosi,
i problemi del ciclo dei rifiuti e l’inefficiente gestione dell’acqua che deve
tornare in mani pubbliche. 

E in queste dinamiche che emerge
come elemento qualificante una pianificazione istituzionale efficace che deve
necessariamente coniugare le responsabilità alle scelte, la qualità dei
risultati alle risorse impiegate.

E queste risorse non possono non
contemplare investimenti in una buona connessione di rete, una digitalizzazione
diffusa che porti ad elevare la dotazione dei servizi e quindi l’attrattività
localizzativa delle imprese, un’ottima infrastrutturazione e mobilità fra i
territori, punto nevralgico dello sviluppo ragionato che porti a valorizzare
gli asset strategici del territorio, così funzionali a quelli nazionali ed
europei. Ma c’è bisogno soprattutto di una maggiore sicurezza dei luoghi,
perché fino a quando non si libereranno energie positive sarà difficile
innescare sviluppo e trattenere le forze attive di questa regione

Appare forse utopistico, ma anche
no, sperare di invertire condizioni stratificate e comportamenti sedimentati,
proporre uno slancio etico e progressista della società calabrese.

Le persone hanno sempre una scelta
davanti a sé e decidono con coscienza, ma bisogna sostenere la coscienza con un
senso di responsabilità verso le nuove generazioni
garantendo                                                                     
 loro un futuro migliore. I fatti dell’istituto Majorana dimostrano una
reazione forte da parte di giovani, studenti e società civile, le tante
esperienze positive di aziende locali unitamente agli ottimi risultati della
ricerca universitaria calabrese in ambiti high tech lasciano intravvedere
pur  tra le tante criticità che questa regione non è solo mare, cibo,
montagna e cultura, lassismo e pregiudizi, ma che c’è una rete che sta
crescendo nell’economia avanzata e la voglia in alcune fasce attive della
società di cambiare e di pretendere diritti e legalità.

Occorre però sostenere i germi di
un mutamento generazionale positivo attraverso la moralizzazione delle
istituzioni che qualifichi l’azione politica, la volontà di colpire e
marginalizzare certi sistemi massopoliticomafiosi che hanno caratterizzato
spesso la Nazione e il Mezzogiorno in particolare, e ciò richiede un cambio di
paradigma etico, civico, educativo ma non solo.

È indispensabile una nuova maturità
del sistema imprenditoriale locale volto a chiedere servizi e qualità
dell’azione politica in cambio degli oneri dovuti e non in funzione dei favori
ricevuti; ma anche un nuovo ruolo delle università, della scuola e del mondo
accademico e professionale nel rivendicare una funzione di sostegno qualificato
all’indirizzo programmatico dello sviluppo di questa regione.

Queste non sono utopie
irrealizzabili, per una regione allineata alle altre in un sistema nazionale
che fa perno sul Sistema Paese, almeno se la gente è disposta a investire sul
proprio futuro e se lo Stato investirà bene le risorse per un riequilibrio territoriale
equo ed organico al resto del Paese.Questo richiede che ognuno faccia un passo,
anche solo un piccolo passo, purché muova nella giusta direzione.

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