Urgente un piano antisismico per la Calabria
di Roberto Bevacqua direttore Eurispes Regione Calabria
La Calabria è una delle zone sismiche più fragili e attive d’Italia. La storia della sua sismicità, unitamente a quella di gran parte del centro sud, è ben documentata dalla storia non solo recente. La placca africana e quella su cui si distende tutto il territorio calabrese confliggono periodicamente con avvicinamenti e scivolamenti che determinano attriti devastanti.
Le faglie attive, dunque, determinano e sempre determineranno sulla nostra regione attività sismiche importanti ma proprio per questo è necessario intervenire non solo col monitoraggio e le buone pratiche di protezione civile, ma occorre soprattutto mitigare preventivamente gli effetti che l’attività sismica produce in termini di costi per vite umane perdute e danni al sistema infrastrutturale, economico ed edilizio dei nostri territori.
La zona di classificazione per intensità sismica più elevata è la Zona 1, quella dove possono verificarsi terremoti di forte intensità e comprende più di 700 comuni in tutta Italia dei più di un terzo sono ubicati in Calabria.
Proprio in virtù di questa elevata pericolosità sismica di tutto il nostro territorio è necessario che la regione operi un sistematico piano di sensibilizzazione al problema ma anche un adeguamento sismico per gli edifici “strategici” come le scuole e gli ospedali, unitamente agli altri attori competenti per ciò che riguarda le caserme, ponti e importanti vie di collegamento.
Ma ciò non basta a ridurre i danni potenziali di eventi a forte intensità che, pur non essendo prevedibili nella loro localizzazione, si ripresentano ogni cinque /dieci anni su tutto il territorio nazionale. Il problema maggiore resta l’adeguatezza sismica dei centri storici che risultano i più fragili strutturalmente, testimoni della ricchezza del nostro patrimonio culturale, dell’identità e di un tessuto umano che si è plasmato nei secoli sul paesaggio, determinandone l’aspetto e le caratteristiche di simbiosi tra l’elemento fisico e quello antropico.
Se ci fermiamo a riflettere al dato strutturale delle scuole, si evidenza che solo il 10% circa di quelle ubicate nei Comuni ad alta intensità tellurica possono considerarsi adeguate sismicamente. Ciò significa che su 8 milioni circa di alunni, un numero elevatissimo si trova esposto a pericoli elevati dovuti a strutture inadeguate, fragili, compromesse, sismicamente vulnerabili.
In Calabria il numero degli edifici scolastici considerati a rischio è di circa 1800 dei quali oltre mille ricadenti in comuni classificati nella zona 1 di massima pericolosità.
Ai ritardi nella messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati più densamente popolati si aggiungono quelli della inadeguata e o mancata pianificazione comunale di emergenza da parte dei sindaci e per l’allertamento per il rischio idrogeologico ed idraulico per come disposto dalle Linee guida e dalla Direttive regionali e nazionali della Protezione Civile
Negli ultimi 50 anni vi sono stati diversi terremoti di forte intensità con un costo in termini di vite di migliaia di persone e un costo per la ricostruzione di circa 125 miliardi di euro. Attualizzando queste cifre e spalmandole in questi cinquant’anni di riferimento fa un costo di circa 3 miliardi all’anno. Dunque resta molto da fare rispetto a questi ritardi paradossali e all’approccio culturale che sottostima il rischio del danno agendo non sulla prevenzione e l’adeguamento sismico ma sulla ricostruzione a danno avvenuto.
Eppure gli oneri che gravano sulla collettività colpite sono molteplici ed agiscono per molti anni a seguire dal sisma, e in Italia per decenni come il ripristino del patrimonio abitativo e degli edifici pubblici, i danni alle infrastrutture, al patrimonio storico e artistico; alle attività produttive, oltre la disoccupazione generata, i costi per misure di sostegno al reddito e gli sgravi fiscali, i costi per l’attivazione di presidi medici, di assistenza e esenzione dal pagamento del ticket.
Questi solo per citare i più immediati, ma come non considerare la distruzione del tessuto economico competitivo di una zona, la difficoltà per la ripresa dell’attività scolastica, e accanto a questi il costo più elevato di vite umane perdute, il disagio sociale, la frammentazione familiare, la serenità e l’identità violata.
In conclusione bisogna che Stato e Regioni, in primis quella calabrese, promuovano un rinnovato interesse verso la prevenzione e la salvaguardia del bene e delle vite dei cittadini attraverso una seria sensibilizzazione sui danni potenziali provocati da un sisma distruttivo, ma anche con sgravi fiscali sulle spese preventive di indagine di vulnerabilità sismica, con una migliore gestione del problema liquidità dei percettori del finanziamento e di quelli incapienti dal punto di vista dello sgravio Irpef attraverso il coinvolgimento non solo del fornitore l’intervento ( cessione del credito e sgravio immediato) ma anche delle banche, con concessioni di mutui garantiti dal finanziamento statale approvato.
Per ultimo sarebbe auspicabile aprire un tavolo di lavoro, specie su impulso di quelle regioni più esposte al rischio come la Regione Calabria, con l’Unione europea per integrare i fondi statali a fondi specifici europei per l’adeguamento sismico e la mitigazione della vulnerabilità nei centri storici ad alta pericolosità tellurica.